GERTRUDE BARROWS BENNETT

Gertrude Barrows Bennett

(4 recensioni dei clienti)
Categoria:

Descrizione

CLICCA E SFOGLIA LA GALLERY

 

AUTORE: Gertrude Barrows Bennett

TITOLO: Il grande ignoto | Dietro la tenda | L’isola

COLLANA: La Bolla #2

TRADUZIONE: Valentina Accardi e Chiara Messina

GENERE: Weird

ANNO: 2018

PREZZO: Creative Commons

FORMATO: .pdf

ISBN: 978-88-940420-7-8

SINOSSI:

Gertrude Barrows Bennett (Minneapolis, 1883-1948) viene considerata una dei precursori del genere Weird.
 
Dattilografa e appassionata di letteratura, dopo essere rimasta vedova e orfana di padre nel giro di pochi mesi, comincia a pubblicare racconti all’età di trentaquattro anni per necessità economiche, sotto lo pseudonimo di Francis Stevens.
 
Dopo tre anni, nel 1920, muore anche la madre e Gertrude si trasferisce in California.
 
Nel 1939 invia una lettera alla figlia in cui le comunica di avere importanti novità da comunicarle.
 
Da quel momento scompare nel nulla.
 
Capace di muoversi con disinvoltura tra gotico, dark fantasy e fantascienza, nella sua breve attività letteraria ha pubblicato parecchi racconti e sei romanzi, tra cui:
 
Claimed: definito da Howard Phillips Lovecraft “uno dei romanzi fantasy più strani e coinvolgenti che potrete mai leggere”, è la storia di un ricco collezionista di antiquariato che si imbatte in una inquietante scatola verde dai poteri paranormali.
 
La Cittadella della Paura (The Citadel of Fear): racconta di un’affascinante civiltà azteca riscoperta durante la prima guerra mondiale, alla prese con la intransigente divinità Quetzalcoatl.
 
Le Teste del Cerbero (The Heads of Cerberus) apripista dei romanzi distopici, in cui una polvere grigiastra è in grado di proiettare chiunque la inali nella Filadelfia del 2118, dominata da una dittatura.
 
Il critico Sam Moskowitz l’ha definita “la scrittrice femminile di weird e fantascienza più dotata insieme a Mary Shelley”.

 

ASCOLTA LA COLONNA SONORA:

4 recensioni per GERTRUDE BARROWS BENNETT

  1. Mangialibri .- Stefania Medda

    IL GRANDE IGNOTO – DIETRO LA TENDA – L’ISOLA

    Gertrude Barrows Bennett (Minnesota, 1883-California, 1948) fa parte, purtroppo, di quella schiera di autrici quasi del tutto dimenticate. Eppure, Howard Phillips Lovecraft fu un suo grande estimatore, e negli Stati Uniti fu considerata pioniera non solo del genere dark fantasy, ma anche di quello distopico/fantascientifico. Col suo Le teste del cerbero, pubblicato a puntate nel 1919 su “Thrill book” – rivista pulp semiclandestina che prometteva di occuparsi di storie strane, bizzarre e occulte – la letteratura si misurò per la prima volta con il tema degli universi paralleli: il romanzo narra infatti di tre amici che, inalata una polvere grigiastra fuoriuscita da un antico manufatto, vengono catapultati dapprima in un mondo fantastico, e poi in una Filadelfia futuristica, dominata nel 2118 da un regime dittatoriale. Scrittrice non per professione, ma piuttosto per far fronte alle necessità economiche, la Bennett ha sempre pubblicato i suoi lavori (in tutto sei romanzi e parecchi racconti) con lo pseudonimo di Francis Steven; sul motivo della scelta di uno pseudonimo maschile riferisce Robert Weinberg nel suo A Forgotten Mistress of Fantasy (1984): “La scelta di adottare lo pseudonimo Francis Stevens fu probabilmente dovuto al tipo di storie che l’autrice scriveva. […] Erano gli uomini a scrivere quel genere di narrativa o, almeno, così sembrava a giudicare dai loro nomi. Fra essi, vi erano George Allen England, Abraham Merritt, Max Brand, Charles Stilson, Edgar Rice Burroughs e altri ancora. Non era insomma una compagnia dove avrebbe ben figurato il nome di una donna. Quindi, come molte colleghe prima e dopo di lei, Gertrud […] si rese conto che era più facile cambiare nome che il tipo di narrativa che voleva scrivere”. Disinvolta e concisa, la scrittura della Bennett trae la sua potenza proprio dalla semplicità, dall’abilità di creare, in quattro mosse, quella tensione sottile che attraverso la pagina ti si deposita sotto la pelle e lì rimane, latente e insidiosa. Tre sono i racconti inseriti dalla casa editrice Urban Apnea in questa interessante raccolta: nei primi due, Il grande ignoto e Dietro la tenda, risulta chiaro il riferimento al lato oscuro dell’essere umano, alla facciata buona che si mostra al mondo mentre, in una dimensione capovolta, la malvagità corre a briglia sciolta, traducendosi in pensieri e azioni aberranti. Facile, forse troppo, attraversare il confine tra questo mondo e quell’altro: è sufficiente sottoporsi ad un esperimento, come fa l’impavido e curioso Blaisdell, o passare attraverso la dimensione onirica, come succede a Santallos. Altri, i temi trattati ne L’isola, nel quale ci si focalizza sul duplice rapporto uomo/natura e uomo/donna; la chiave di lettura di entrambi si mostra univoca, con la donna/natura posta in una posizione di superiorità, sensibile e prodiga di generosità verso l’uomo, il quale, da essere rozzo e volgare quale è, finisce inevitabilmente per insultarla, scatenandone l’ira funesta e l’allontanamento definitivo dalle sue grazie. “In quale campo la donna non è superiore a noi?” Riflette, umile e mesto il giovane interlocutore della derelitta marinaia. Estrema? Chissà. In ogni caso, decisamente sul pezzo: siamo davvero sicuri di voler dimenticare Gertrude Barrows Bennett?

  2. Vitaminevaganti – Laura Coci

    FANTASCIENZA, UN GENERE (FEMMINILE). GERTRUDE BARROWS BENNETT, ALIAS FRANCIS STEVENS

    «Quali trame narreranno le marinaie quando saranno le donne a guidare le navi di linea? Ascolta il racconto della Vecchia Marinaia, profondo e sconosciuto quanto i mari inviolati!». È il lancio di Friend Island (L’isola amica, titolo italiano L’isola), che richiama esplicitamente The Rime of the ancient mariner di Samuel Taylor Coleridge (1798) e che presenta una società rovesciata rispetto a quella statunitense del 1918, nella quale le donne non hanno neppure il diritto di voto (lo otterranno nel 1920). Così l’io narrante — un uomo, coerentemente con il gioco di specchi predisposto con ironia dall’autrice — descrive la “Vecchia Marinaia”: «La prima volta la incontrai sul lungomare, in una di quelle piccole e misere caffetterie frequentate da marinaie povere […]. Il volto severo era abbronzato dal vento e dal sole, aveva un’età indefinibile. Mi ricordò una sopravvissuta dell’epoca delle turbine e dei motori a olio, una marinaia autentica, di quell’epoca antica in cui la superiorità della donna sull’uomo non era ancora riconosciuta. Il tempo in cui, per marcare il proprio potere, le donne di tutti i ceti sociali ostentavano maggior forza di quanto non facciano oggi».

    Il gesto empio che porta a maledizione e punizione non è agito dalla Vecchia Marinaia, ma dall’uomo accolto sulla medesima Isola ove lei è approdata in seguito a naufragio: Isola amica, Isola viva, Isola con un cuore, che merita rispetto e gentilezza (femminili) e non tollera violenze e sgarberie (maschili). La consapevolezza ecologista ante litteram di Gertrude (che si trova poi quasi cinquant’anni più tardi in alcune delle Storie naturali di Primo Levi) è straordinaria: la concezione di un lembo di terra, o della Terra intera, come di un organismo vivente in delicato equilibrio che un secolo fa ascriveva il racconto alla science fiction è oggi un valore riconosciuto per la tutela del pianeta. Dopo aver ricordato «Ulisse, Gulliver, il barone di Munchausen», protagonisti dei «viaggi avventurosi dei vagabondi dei mari che raccontavano le loro storie prima che arrivasse il sesso forte e facesse scendere l’uomo dal suo piedistallo di eroe», l’io narrante conclude rassegnato che «ahimè, quelli erano soltanto uomini! In quale campo la donna non è superiore a noi?».

    Non ha nulla a che fare con la science fiction, e soltanto in apparenza appartiene al genere dark fantasy, il racconto Behind the curtain (Dietro la tenda): ma dice molto, moltissimo di ossessione e controllo maschile, di aspirazione femminile alla libertà e all’autonomia, di crudeltà e femminicidio. Il finale è un magistrale colpo di scena di Gertrude, non poteva essere scritto che da una donna imprevedibile e ribelle, che vuole cambiare la società e la storia, e non lo rivelerò. Dopo anni di oblio, Gertrude Barrows Bennett, alias Francis Stevens, incontra finalmente nuovo interesse anche in Italia: nel 2018 sono stampati da Urban Apnea Edizioni i tre racconti Unseen-unfeared, Behind the courtain e Friend Island (Il grande ignoto, Dietro la tenda e L’isola

  3. Maddalena Antonini

    Tre racconti della Bennet.
    Magnifico il primo (Il grande ignoto), un thriller che appassiona, pieno di idee: inizia come un giallo, si sviluppa come un horror fantascientifico, finisce con una sorpresa.
    Il secondo racconto (Dietro la tenda) è una storia inquietante, l’autrice è abilissima a creare un’atmosfera sempre più dark che tiene avvinghiato il lettore fino alla fine.
    Il terzo (L’isola) è molto originale, ambientato in un mondo dove i ruoli di uomini e donne sono identici a quelli in uso all’epoca ma… rovesciati.

  4. Goodreads – Marzia

    Tre racconti che si leggono tutti d’un fiato, ognuno a modo suo inquietante e allo stesso tempo divertente.

    Questi racconti sono stati il mio primo approccio a un’autrice eclettica e particolare come Gertrude Barrows Bennett e devo dire che è stato un approccio davvero soddisfacente. Ho ritrovato, in queste storie, piccoli elementi del perturbante freudiano così perfettamente ripreso da autori precedenti alla Bennett, come ETA Hoffman e Robert Louis Stevenson, ma anche influenze di altri grandi scrittori del XIX e del XX secolo, da Mary Shelley ad H.P. Lovecraft.

    La Bennett si ritaglia così un posto nell’Olimpo del fantastico e della fantascienza, mostrando una grande capacità di condensare in poche pagine, non solo delle storie estremamente coinvolgenti (“Il Grande Ignoto”), ma anche tutto lo spettro delle emozioni umane, come avviene in “Dietro La Tenda”, trascinando il lettore in una spirale di orrore che non preclude, tuttavia, la sorpresa del finale. Con “L’isola”, infine, i temi del naufragio e dell’isola deserta prendono una piega del tutto inaspettata, elaborati in veste proto-femminista per rimarcare le differenze sociali e le difficoltà alle quali la stessa autrice dovette far fronte nel corso della sua vita. Il risultato è un racconto godibile, a tratti quasi comico, che offre degli interessanti spunti di riflessione e lascia in sospeso alcune questioni ancora oggi al centro del dibattito sulla fantascienza femminista.

Aggiungi una recensione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *